Testimonianza di Di Giorgio Luigi
Testimonianza di Di Giorgio Luigi, nato a Castelnuovo Parano il 26/06/1930 “Dal 1940, quando è scoppiata la guerra, noi stavamo in campagna.
Data:
13 Luglio 2020
Testimonianza di Di Giorgio Luigi, nato a Castelnuovo Parano il 26/06/1930
“Dal 1940, quando è scoppiata la guerra, noi stavamo in campagna. Dal ’40 al ’43 si è vissuto sempre sotto la grande paura della guerra. Quando sono venute le truppe tedesche qui, hanno occupato tutto il comune di Castelnuovo Parano, tutta la zona. Sono rimasti per nove mesi, ci hanno rubato tutto: vacche, pecore, capre. Ci rubavano le bestie e le portavano a pascolare su a Parano, e ci dovevamo stare anche zitti. Sono venuti ad abitare proprio fuori casa mia e qui avevano una vedetta per guardare il fronte di Cassino. Nel frattempo le truppe francesi bombardavano il ponte di San Giorgio a Liri, che allora chiamavano Ponte di Ferro. Io avevo appena tredici anni e un giorno mi portarono con loro. Quando stavano guardando con il cannocchiale dicevano che non sarebbero stati in grado di rompere il Ponte di Ferro. Allora dissi a uno se potevo guardare io e lui in tedesco mi rispose di si. Mi misi a guardare e gli dissi che il ponte era stato distrutto, ma lui mi diede un grande schiaffo in faccia perchè credeva che lo stessi prendendo in giro. Quando guardò lui stesso, vide che era la verità e allora mi fece una carezza per scusarsi. Poi la sera del 14 Maggio le truppe americane si sono affacciate al Monte Calvo. Il 15 mattina sono scese giù, hanno occupato tutta la nostra zona e i tedeschi fuggirono. Andarono verso Esperia perchè non poterono più attraversare il ponte ormai distrutto. Da qui cominciarono di nuovo a bombardare, era pieno di carri e carri armati. Verso la zona nostra di Parano, di Maceroni sono passate, per tre giorni, le truppe americane che combattevano a 200 metri di distanza. Nel pomeriggio tornavano con i morti, tutti stesi sui muri come fasci di legna, tutti penzolanti.
Durante la guerra io e la mia famiglia eravamo in un bosco, chiamato Nocelle. Ci siamo stati per nove mesi e non avevamo più niente da mangiare. Una volta non si trovava più niente. Le pecore che avevamo ce le rubavano i tedeschi. Si moriva di fame e allora abbiamo cotto le ghiande, un tipo particolare. Le abbiamo lessate e le abbiamo mangiate. La verdura la mangiavamo senza olio e senza sale, bollita solamente. Quando arrivarono gli americani si sono accampati alla Cisterna, vicino al cimitero. Loro ci davano qualcosa da mangiare. Ma, in ogni modo, l’abbiamo passata molto male. I panni venivano lavati solo con la cenere, e per quanto l’aria era infetta, se cadevano le camicie per terra si caricavano di pidocchi: si mettevano nelle cuciture, tutti in fila. Non si poteva più andare avanti così! Quando chiedevamo qualcosa da mangiare a nostra madre, lei piangeva perchè non aveva nulla da darci.
Dopo che la guerra è finita abbiamo ricominciato, lentamente. Si trovavano in continuazione bombe e bisognava stare molto attenti, altrimenti poteva capitare che scoppiassero. Non avevamo più nessun animale e papà stava per impazzire. Era molto affezionato agli animali e allora siamo andati a Venafro per prendere una vacca e salvarlo. L’abbiamo comprata e portata qui e lui si faceva fare le carezze da lei, per quanto ci teneva. Così piano piano abbiamo ricominciato a lavorare la terra, con l’aiuto del nostro mulo e siamo ripartiti daccapo.”
Ultimo aggiornamento
13 Luglio 2020, 22:49